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Analisi sentenza del T.A.R. Catania

Analizziamo insieme la fondamentale sentenza del T.A.R. Catania, pubblicata il 30/08/2021 (02684/2021 REG.PROV.COLL. e N. 01961/2020 REG.RIC.).

Il presente lavoro viene dedicato alla memoria di Seby Bellia, protagonista, suo malgrado, di questa incresciosa vicenda.

In grassetto il testo originale della sentenza.

La doverosa premessa è che alcuni osteopati catanesi hanno visto i loro studi chiusi a seguito della diffida della locale A.S.P. a svolgere l’attività di osteopata, ravvisando la violazione dell’art. 348 del Codice Penale, a causa del mancato possesso di laurea in medicina e chirurgia e successiva abilitazione o della laurea abilitante in fisioterapia.

Il TAR comincia le sue considerazioni evidenziando la sacralità del lavoro dell’Osteopata, tutelato dalla Costituzione negli articoli 35 (La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni) e 41 (L’iniziativa economica privata è libera). Posso fare l’Osteopata perché è la Costituzione a permetterlo e a garantirlo.

E, inoltre, sottolinea che l’ASP di Catania, nella sua diffida, sta violando e applicando erroneamente l’articolo 7 della legge 3 del 2018 – l’ormai famosa legge Lorenzin – nonché la legge 4 del 2013, che disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi.

il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato in quanto meritevole di accoglimento il primo mezzo di gravame, avente carattere assorbente rispetto ai successivi, con il quale si censura, in particolare, la violazione degli artt. 35, comma 1, e 41 della Costituzione (nonché la violazione ed erronea applicazione dell’art. 7 della legge 11 gennaio 2018, n. 3; la violazione ed erronea applicazione della legge 14 gennaio 2013, n. 4, l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità manifesta e manifesta ingiustizia).

Citando le caratteristiche dell’osteopatia, viene riportato il testo della sentenza 5838/1995 della Cassazione Penale che specifica chiaramente che non può assimilarsi alla professione medica (che individua e diagnostica le malattie, prescrive le cure e somministra i rimedi). Non può assimilarsi: l’osteopatia non appartiene alla professione medica, come sin dal 1995 ebbe a statuire la Cassazione e come ancora oggi ribadisce il T.A.R.

Mette conto, infatti, evidenziare che l’osteopatia, in quanto consistente in una disciplina terapeutica incentrata sulla manipolazione dell’apparato muscoloscheletrico al fine di trattare patologie o disfunzioni ad esso pertinenti, non può essere assimilata alla professione medica che si estrinseca nell’individuare e diagnosticare le malattie, nel prescriverne la cura e nel somministrare i rimedi (cfr. Cassazione penale, sez. II, 09 febbraio 1995, n. 5838).    

E altri T.A.R. avevano già sottolineato tutto questo, non richiedendo titoli abilitativi per l’apertura dello studio professionale osteopatico:                

Ne consegue che per lo svolgimento della pratica osteopatica non è necessario, ad oggi, differentemente da quanto previsto per la pratica medica, un titolo abilitativo (si veda T.A.R. Veneto n. 298 del 17 maggio 2005, ma anche T.A.R. Lombardia – Milano n. 588 del 1 marzo 2011).

Il T.A.R. di Catania riporta un parere del Ministero della Salute, nel quale era lo stesso Ministero ad asserire che l’osteopatia non era attività propria di nessuna delle altre professioni sanitarie:

In tale senso si è, peraltro, anche espresso il Ministero della Salute nel parere del 30 maggio 2002: “l’attività di osteopata non è ad oggi regolamentata in Italia, che essa non afferisce ad alcuna autonoma categoria delle professioni sanitarie e che non esiste nel nostro Paese un albo o registro per l’iscrizione degli eventuali soggetti autorizzati ad esercitarla”. Si ricava da questo parere che anche il Ministero della Salute mostra di ritenere che la pratica dell’osteopatia non è riconducibile alla professione medica e che, in ragione della mancata istituzione di un albo degli abilitati, non sussiste alcun titolo abilitativo ad essa afferente che costituisca presupposto necessario per il suo esercizio.

Siamo in un periodo transitorio, e solo dal 14 ottobre entrerà in vigore quello che è il primo dei Decreti che permetteranno il completamento della regolamentazione dell’osteopatia, quello relativo al profilo professionale. La legge Lorenzin, dice il T.A.R. non è precettiva, non ha carattere giuridicamente vincolante, ma è programmatica, nel senso di aver rinviato ad altri provvedimenti il completamento della regolamentazione:

Corrisponde al vero che con la legge 11 gennaio 2018 n. 3, la professione dell’osteopatia è stata ricondotta nell’ambito delle professioni sanitarie. Tuttavia, il Collegio rileva che trattasi di una disposizione legislativa che si limita a delegare l’individuazione della disciplina di dettaglio, nonché l’istituzione del nuovo corso universitario di formazione e di corsi integrativi, da un lato alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e, dall’altro, al Ministro dell’istruzione, dell’Università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, con il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità. Ad avviso del decidente non si tratta di una disposizione legislativa immediatamente precettiva, bensì meramente programmatica. Mette conto evidenziare, al riguardo, che a tutt’oggi a tale previsione non è stata data attuazione (v. in tal senso anche Corte Cost. sentenza n. 209/2020).

Ed è nodo fondamentale che la conferenza Stato Regioni abbia demandato a un successivo accordo quali saranno i requisiti per valutare l’esperienza professionale, quali criteri utilizzare per l’equipollenza dei titoli pregressi alla laurea universitaria in osteopatia, anch’essa ancora da realizzare:

D’altra parte, in data 5 novembre 2020 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano – riunitasi per stabilire l’ambito di attività e le funzioni caratterizzanti le professioni dell’osteopata e del chiropratico, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti – ha demandato ad un successivo accordo, da stipulare sempre in sede di Conferenza permanente, la definizione dei criteri di valutazione dell’esperienza professionale, nonché di equipollenza dei titoli pregressi alla laurea universitaria in osteopatia (ancora non istituita).

Come conclude il T.A.R.? Che l’istituzione della figura professionale sanitaria dell’osteopata potrà ritenersi completata SOLO A CONCLUSIONE DEL PRIMO CICLO DELL’ISTITUENDO CORSO DI LAUREA:

Il Collegio osserva che dal quadro complessivo normativo attuale, l’istituzione della figura professionale sanitaria dell’osteopata potrà ritenersi completata solo a conclusione del primo ciclo dell’istituendo corso di laurea triennale in osteopatia, momento a partire dal quale l’osteopata, per poter esercitare la professione, dovrà possedere sia la laurea triennale specifica, che l’iscrizione all’istituendo albo professionale (salve restando le determinazioni dell’Amministrazione in ordine all’equipollenza dei titoli pregressi).

E NESSUN TITOLO SPECIFICO POTRA’ ESSERE RICHIESTO, FINO AD ALLORA, PER L’ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’ DI OSTEOPATA:

Risulta, pertanto, di palmare evidenza che fin quando non verranno istituiti in Italia i corsi di laurea triennale in osteopatia ed istituiti i relativi albi professionali, nessun titolo specifico potrà essere richiesto per l’esercizio dell’attività di osteopata, che resterà libero e regolato esclusivamente dalla legge 4/2013. In tale quadro risulta del tutto evidente l’illegittimità del provvedimento impugnato che deve essere annullato.

Scolpiamo queste parole fondamentali, il parere del T.A.R. è chiarissimo. Si potrà parlare di figura professionale sanitaria dell’osteopata solo quando ci sarà il primo laureato presso una facoltà di osteopatia italiana. E fino ad allora nessun titolo può essere richiesto.

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